Don Lorenzo Perosi, il sacerdote musicista amato da D’Annunzio: un volume per i 150 anni dalla nascita

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE DI GIOVANNA MARIA FAGNANI SUL CORRIERE.IT

Alla fine dell’Ottocento conquistò le copertine per i suoi concerti eseguiti in chiesa: «Fu un fenomeno di massa, una figura avvincente che intercettò un bisogno di spiritualità che non riguardava solo il mondo cattolico»

Un sacerdote e musicista «star» a Milano. Che, alla fine dell’Ottocento, conquistò le copertine, perché alle esecuzioni dei suoi oratori dedicati alla vita di Cristo richiamava una folla tanto numerosa, che fu necessario costruire un auditorium solo per lui, nella ex Chiesa di santa Maria della Pace. Concerti con «fan» illustri in platea: De Amicis, D’Annunzio, Fogazzaro. Di Lorenzo Perosi oggi si sente poco parlare. E ancora meno, si sente eseguire. «Un peccato, perché fu un vero fenomeno di massa. La sua vita è avvincente: attraversò i decenni a cavallo fra Ottocento e Novecento incontrando Verdi, Mascagni, Toscanini, Strehler, Mahler. E nella sua produzione sinfonica, non solo in quella religiosa, ci sono chicche, soprattutto i quartetti, che meriterebbero di tornare nelle programmazioni» racconta don Luigi Garbini, viceparroco della Chiesa di San Marco, autore del volume «Lorenzo Perosi. Tutti, o quasi, i malintesi raccolti attorno a un nome» (Ed. Bam), che esce in occasione del 150esimo anniversario della nascita del compositore. Perosi frequentò il Conservatorio.

Il conte Francesco Lurani Cernuschi fu il suo mecenate. Una fiducia ben riposta: negli anni in cui spopolava il melodramma, il sacerdote riportò in auge gli «oratori», genere caduto nell’oblio dai tempi di Bach e Haendel (famosissimo il Messiah). «Si tratta di una forma musicale narrativa, per orchestra e voci, ma senza rappresentazione scenica» spiega don Luigi. Tra i titoli di maggior successo di Perosi, «Il Natale del Redentore» e il «Transitus animae». «Con i suoi concerti, che eseguiva solo in chiesa per evitare la mondanità dei teatri, intercettò un bisogno di spiritualità che non riguardava solo il mondo cattolico». La fama lo portò a Roma: divenne direttore perpetuo della Cappella Sistina (il coro personale delle liturgie del Papa), ruolo che ricoprì fino al 1956, conoscendo ben cinque papi. Nel frattempo, i suoi oratori venivano eseguiti dai più grandi direttori: Gustav Mahler a Vienna, Toscanini e Capuana alla Scala (con regia di Giorgio Strehler). «Toscanini mise in programma la Risurrezione di Cristo di Perosi insieme ai Quattro Pezzi Sacri di Verdi, perché prima di comporli, Verdi si rivolse proprio a Perosi, per chiedere la vera intonazione del Te Deum». La sua vita è ricca di curiosità e aneddoti: «Poliglotta, per un vezzo usava la k al posto della c e della q» dice don Luigi. Il perché è spiegato nel libro.

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